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Gott mit uns (Dio con noi)

Il capitolo I - seconda parte

 


Ex-internati italiani,dallo stomaco aggrumato, senza nervi, volontą, speranza, senza pił appetiti o slanci umani.
Quando gli allarmi - qualcuno, pareva incredibile, provvedeva ancora a lanciarli - fermavano l'aria e piovevano gią le bombe, a un passo dalla probabile libertą, chi aveva ancora gambe e fiato per salvarsi si buttava sulla strada ferrata per raggiungere l'unico possibile luogo di protezione,la galleria sotto la montagna. Cinquecento metri di corsa disperata su ciottoli e traverse, sopra un terreno che costituiva obiettivo ovviamente preferito, e implacabilmente lacerato dai bombardieri americani. Molti uomini cadevano sotto gli spezzoni o s'accasciavano bocca a terra prima d'infilarsi nel tunnel. Passata l'onda distruttiva, i superstiti tornavano al campo ed ogni volta,al nuovo allarme, la galleria appariva un miraggio sempre pił improbabile.
Binari strappati dalle traverse, dalle piastre, dai bulloni, arrovesciati nella scarpata ferroviaria oppure contorti inarcati ingobbiti, quasi a costituire nel cielo una singolare protezione di parafulmine, una sfida assurda o una minaccia, un ammonimento. Buche e voragini dappertutto.

Il drappello resisteva. Ferrari, il veneziano barbuto tutt'impeto e tutt'osso,aveva ormai pochi brandelli di vestiario sulle spalle e sulle gambe. Masticava erba e terra,incitava a credere in miracolose soluzioni.Era scappato con Carlino dal campo di lavoro di Kempten presidiato dai tedeschi prima ancora che arrivassero gli alleati. La fuga aveva avuto risvolti drammatici e beffardi e dopo tutto...costrittivi .



Un compagno internato,un sarto calabrese, s’era preso la briga di confezionare per gli italiani della fabbrica calzoni e giubotti con le coperte che Carlino e Ferrari, ancorchč sotto scorta e guardati a vista,avevano abilmente sottratto all’autoclave nel campo di disinfestazione.
Sabotage - avevano tuonato i tedeschi. Un reato di guerra gravissimo. -
Martino e Toso, artiglieri di montagna della provincia di Trento, non possedevano che un paio di baffetti ciascuno,esili come le loro forze (si temeva che potessero mangiarseli i baffi da un momento all'altro per la fame, per la disperazione),occhi spiritati,cappello da alpino logoro e incrostato.
Pascą, azzoppato e saltellante, marinaio d'un paese attorno al Vesuvio, non disperava di raggiungere la casa : (D) 'on Carlģ
- ammiccava sornione - ii vago addņ jąte vuie.. e si faceva una bella risata in faccia a Carlino.
Murro, il sarto calabrese, pił minuto e pił nero che mai,stava silenzioso e impaurito per la faccenda del sabotaggio….



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