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Gott mit uns (Dio con noi)

Il capitolo II

 

Cessati i bombardamenti, al di là del tunnel e della montagna, un malandato treno merci aveva raccolto i superstiti e stracarico (non si capiva come a quella apocalisse fosse scampata tanta gente), a marce brevi e sotto costanti minacce da terra e dall'alto, s'era mosso verso il Brennero.

Il treno - Carlino lo ricordava con trepidazione- procedette a passo d'uomo per un paio di chilometri come sfiorasse un campo minato, poi l'allarme precipitava tutti gli occupanti dall'alta e scoscesa massicciata nei boschi limitrofi. Gli uomini tenevano istintivamente la bocca chiusa e si muovevano fra i tronchi e gli arbusti in modo essenziale, leggero. Un solo aereo,un ricognitore. Volava insistente sulla linea e mostrava di non credere a tanto silenzio,a tanta immobilità.

Quasi tre giorni per arrivare a Bolzano, con la paura come scomoda compagna ad ogni istante del giorno e della notte, utilizzando qualche minuto per una dormita sotto i cespugli o ai piedi muschiati dei larici, strappando frutti e verdure nei campi durante le soste più lunghe. A Bolzano, con gli ex-prigionieri seduti sulle sponde dei vagoni a gambe penzolanti e che agitavano mani e cappelli, il treno s'era arrestato fra un muro compatto di donne, di ragazzi, di vecchi. C'era nella ressa chi mostrava eccitato e allarmato una foto, un ciondolo, una medaglia per richiamare perentoriamente alla memoria dei reduci una persona di famiglia, un volto amico. Si sentivano da un capo all'altro del binario grida, richiami, invocazioni. Il treno s'era svuotato alla svelta. Un annuncio del Comando di stazione ammoniva che le linee per il resto dell'Italia non funzionavano, si doveva scendere lì.

I reduci s'erano sparpagliati per le strade, per i viali all'interno della città. Apparivano buche e macerie in ogni dove. Il drappello di Carlino e Ferrari s'era fatto largo a fatica fuori della stazione. Raggranellati, o meglio, elemosinati pane, polenta, formaggio, la comitiva aveva raggiunto una breve strada sconvolta, senza apparente uscita. Un edificio sullo sfondo,anche se notevolmente inclinato su un fianco, sembrava reggersi in piedi. La grande porta esterna (gli scalini di accesso erano spezzati, altalenanti) si presentava scardinata ma il vasto andito, buio e sgombro, pareva promettere riparo. La pattuglia vi si era sistemata e vi aveva consumato il debole pasto. Carlino e i suoi compagni s'erano poi distesi sui mattoni con la sacca delle misere robe sotto la testa.



A distanza di tempo l'avventura conclusiva di Bolzano per Carlino e soci non poteva avere che un significato comico-grottesco, surreale. Com'è povera la fantasia a confronto della realtà,è difficile immaginare fatti straordinari in tema di miseria.

Al risveglio i reduci s’erano ritrovati ancora più spogli. Altri poveracci, certamente di grado superiore, li avevano derubati ...dell'oro contenuto nelle sacche: pezzuole da piedi strappate, lembi di camicia, resti di scarpe fermate con spaghi e fili di ferro.
Perché avrebbero dovuto disperarsi? Nessuno, è pensabile, saprebbe mai riprodurre né descrivere le loro espressioni d'incredula ilarità, di dispetto, di rabbia.
Alla fine infatti avevano soprattutto riso.. Si ricominciava di nuovo da zero - Probabilmente era giusto principiare daccapo dopo che tutto era stato distrutto, strappato con forza dalle radici.

"La giovinezza -aveva avvertito il poeta francese Maurice Debesse - è l'àge du genie, l'età del genio di ciascun uomo, prima che la soffochi la triste assennatezza della maturità, nemica della fantasia e del gioco".




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