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15/10/2005: La II Guerra mondiale 60 anni dopo.

- Parte 3 -

 

Al Brennero baciammo increduli il suolo Italiano e così veniva raggiunta Castel Di Pietro in Emilia da dove, consumata la quarantena nel locale ospedale militare, riprendevo il treno che mi riportava, ancora in divisa da guerra, verso la casa materna. Non più a Roma, ma a Tarquinia ove mia madre era ritornata, dopo che la Capitale era stata dichiarata Città Aperta.

Ormai erano passati tanti anni che mi mancava il suo abbraccio ed il suo bacio.

Pregustavo questa gioia e nella mia mente ritornavano in successione di tempo la polvere, il fango, la neve, il gelo, le innumerevoli scivolate sulla terra gelata, la bassa temperatura che aveva toccato i 57° sotto lo zero in cui gelavano le ciglia, sopracciglia, ed anche i nostri pensieri, quando mi capita addosso la beffa.

Ed ecco l’incredibile imprevisto. Nell’attraversamento del convoglio della città di Firenze, un controllore capo del Dipartimento cittadino, non facilmente definibile ma, diciamo così, zelante, mi chiese il documento di viaggio.
Ed io gli porsi subito il biglietto rosa in mio possesso. Dopo averlo guardato mi disse che avevo sbagliato treno.
"Ma no, risposi, vado a Tarquinia."
"Le debbo ritirare il biglietto, gliene darò un altro valido per tutta la rete ferroviaria."
Ma lei mi ha contravvenzionato, e perché?"
"Lei Tenente
replica doveva prendere la linea Tirrenica e non la Centrale, perché così ha una percorrenza più lunga e quindi è in multa."
"Ma io, vede, torno da una lunga campagna di guerra ed ho dato il meglio di me alla Patria e, come vede, sono ancora in divisa di guerra.
"

Ma il controllore dichiarò: "Non posso farle niente, lei ha fatto il suo dovere ed io faccio il mio!" Replicai soltanto che avevo rischiato infinite volte la mia vita a differenza di lui e non volli aggiungere altro.

Nel mio scompartimento c’erano un alto prelato, un maggiore della Milizia, un alto ufficiale dell’Esercito Italiano ma nessuno di questi si sforzò di dire una parola a favore d’un sopravvissuto.

 

Soltanto a Roma un semplice controllore, verificando il biglietto che a sua richiesta gli mostravo e guardandomi bene in viso, mi disse: "Ma con che coraggio l’hanno contravvenzionata?" "Grazie" affermai "è stato soltanto lei ad essere sensibile con me ed ad onorare la mia divisa e la mia salute così provata".

Finalmente salii le scale di casa. Mia madre, per venirmi incontro ad abbracciare, non mancò niente che cadesse per la rampa. Col bacio di mia madre m’ero dimenticato in un sol istante tante amarezze patite.
E tuttavia dopo circa sei mesi mi fu notificata, tramite servizio postale, la contravvenzione da pagare entro i termini fissati.
Inviai una lettera circostanziata, vera al Ministero delle Comunicazioni. Dissi fra l’altro che quando si parte per la guerra suona la banda e si lanciano fiori, mentre al ritorno per premio c’è il procedimento sanzionatorio.
Dopo l’esposto mi fu ridotta la penale. Però mi dissero di pagare il rimborso stampati, corrispondente alla bella cifra di 10 lire di quei tempi.

Dopo un periodo di ristabilimento all’ospedale militare del Celio a Roma mi aspettava la Difesa Costiera, che mi trovò impegnato dal 13 Gennaio all’8 Settembre 1943.
Non ci perdemmo d’animo anche quando i Capi s’erano defilati.
Dopo l’8 settembre 1943 difendemmo e liberammo l’Italia, combattendo contro gli invasori, ottenendo il riconoscimento di Combattenti per la Liberazione d’Italia. Operando quale Patriota, potevo dire di aver concluso tutto il ciclo operativo riguardante la II Guerra Mondiale.

L’intera Europa era stata sconvolta da un’ immane tragedia. Orrore, dolore e fuoco caduto dal cielo. L’Italia, offesa da eserciti e semidistrutta ed una volta firmati i protocolli di pacificazione, affrontava con forza d’animo la ricostruzione.
Come nella I Guerra Mondiale avemmo al nostro fianco gli Stati Uniti, che tangibilmente ci aiutavano nel nostro sofferto Risorgimento.
Grazie a tutti, soprattutto per la pazienza nell’avermi ascoltato.

15 Ottobre 2005. Ten. Col. Italo Nussio.

E se mi consentite, vorrei infine affermare che il tempo è sempre galantuomo e, se ci furono steccati, con la democrazia, di cui fu luminoso faro Alcide De Gasperi, si appianarono tutte le asperità.
In uno Stato di diritto si tornò ad essere fratelli ed a cantare tutti insieme il nostro inno nazionale. La guerra non ci aveva divisi, ma uniti in un sol vincolo.
L’Italia era di un solo colore, quello azzurro del nostro bel cielo, della sua gente che aveva sofferto e combattuto per la libertà, la pace e l’amore per la propria terra.
Viva l’Italia, Viva la Libertà!

Grazie.

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